Teatro. A S. Giovanni La Punta lo spettacolo-monito sull'arte dei pupari

Se Mangano "isa a tila"

 di Mara Di Maura

Catania. Omaggio ad una forma d'intrattenimento quasi scomparsa e al tempo stesso monito a continuare a coltivarla. Questo in sintesi il messaggio dello spettacolo A tila si isa ancora di Salvo Mangano, rappresentato domenica 30 dalla compagnia "Teatro a Tre" a Trappeto, nella località di San Giovanni La Punta in occasione dell'"Estate puntese 2006."
  Le vicissitudini sentimentali e lavorative di una famiglia di pupari hanno colpito dritto al cuore la sensibilità di circa due migliaia di spettatori, pubblico caloroso che, alla presenza del sindaco Andrea Messina nonché dell'assessore allo spettacolo Ignazio Motta, ha gremito piazza Regina Elena facendovi echeggiare sonore risate ma anche muti silenzi carichi di viva commozione. Si ride e si piange infatti nel corso di questi tre atti impregnati e letteralmente intercalati da quella forma d'espressione artistica che forse più contraddistingue il popolo siciliano nel mondo: l'arte del pupo.
  Una commedia dunque unica nel suo genere, originale nel realizzare con equilibrio perfetto un connubio insolito, quello tra attori e pupi. Commistione questa di generi teatrali differenti che non poteva essere realizzata in maniera ottimale senza l'apporto offerto dalla maestria e dalla perizia tecnica dell'opera dei pupi "Il paladino" nella figura di Santo Saia. Ma veniamo all'intreccio.
  Vera anima di questa tragi-commedia è il triangolo costituito dal coniugi Don Antonino-Donna Cuncetta e dal maniante di pupi Alfio rispettivamente interpretati da Franco Torrisi, Melina Di Stefano e Carmelo Caccamo che della compagnia sono anche i direttori artistici, un triangolo non sentimentale quanto piuttosto fatto di sentimenti, in cui la stima e il rispetto del dipendente nei confronti del principale Antonino si accosta all'amore profondo tra quest'ultimo e la consorte. Non meno importante è un altro amore, quello filiale, che lega il padre Don Antonino alla figlia Maridda (Elisa Leone) e che entra presto in contraddizione con un altro tipo d'amore, quello passionale col giovane aiutante del padre, Pauliddu (Guido Bonaccorsi).
  S'innesca così una complessa reto di rapporti interpersonali da cui scaturisce il dramma. La straordinaria verve comica di Carmelo Caccamo dipinge momenti di grande ilarità, gli spaccati di vita quotidiana e dell'arte puparesca malinconicamente descritti costituiscono veri e propri tributi a quest'arte antica che purtroppo rischia oggi di estinguersi, la celebrazione del Natale conferisce all'atmosfera la giusta dose di dolcezza sufficiente a smorzare i toni del dramma, la citazione-omaggio a tutte le famiglie di pupari catanesi è arricchita dalle pennellate gioiose costituite dai combattimenti tra pupi. Altre figure fanno capolino qua o là facendo da contrappunto agli accenti più cupi del dramma. Tra di esse i membri di una famiglia alquanto singolare, quella composta da Cocimo Mistretta, pretendente di Maridda (Antonio Parisi), dalla madre di quest'ultimo, Donna Serafina (Annalisa Parisi) e dal capofamiglia Don Filippo (Giuseppe Di Maura). Il cantastorie (Massimo Leone), il figlio di Don Antonino (Tiziano Torrisi) e il coro di bambini puntellano infine di quadretti tenerissimi lo spettacolo fino a tramutarsi in commozione nell'ultimo atto, introdotto dalla luttuosa presenza delle due comari (tra cui Tina Silicato), preludio sofferto a ciò che sarà l'epilogo tragico del dramma cui darà voce ed anima Franco Torrisi nel ruolo di Don Antonino morente.