Opera dei Pupi ed il difficile mestiere di "puparo"
Quando ormai l'Opera dei Pupi volgeva al tramonto. soppiantata da nuove forme di spettacolo come il cinema e la televisione, nessuno credeva più nella sua rinascita, perché si pensava già relegata ad un passato definitivamente concluso.
Ma ecco che dalla polvere degli scanni di un fatiscente magazzino affiorano, come per incanto, i volti di Orlando e di Rinaldo, seminascosti da un drappo nero, insieme agli altri "Paladini" figure in rame nichelato che al bagliore di una flebile luce luccicavano ancora nelle loro armature. Quelle creature erano lì, nel buio di quel caseggiato, immobili, con gli occhi austeri, quasi a chiedere di essere riportati in vita. E come rimanere insensibili al loro richiamo? Come dimenticare le loro gesta nel teatrini di Catania, ove si son viste susseguirsi intere generazioni appassionate alle loro storie: "Orlando e Angelica, Rinaldo e Floriana, Ferraù e Gradasso, Ruggero e Rodomonte... " Patrimonio incomparabile di un'arte semplice e popolare i cui dettami sono altamente didattici e comportamentali. Per fortuna, tutto il corredo artistico di pupi e scenari detto "Mestiere", rimaneva quasi intatto; sottratto alla speculazione del tempo che cinicamente smembrava i teatri di autentici capolavori per destinarli ai negozi di "souvenirs". Don Salvatore Laudani aveva uno scrupolo, non voleva venderli quei pupi del teatro di via Plaja a Catania. Si ribellava al pensiero che le sue creature dovevano finire appese ad un chiodo, come freddi oggetti inanimati; e poi come può un padre vendere i propri figli? Don Salvatore e i suoi fratelli Carmelo e Nino, erano davvero grandi pupari, il capostipite Biagio Laudani vantava un 'mestiere' sin dalla fine del 1800. "Ormai l'arte è morta..., - diceva - ma se vi sentite, voi siete in grado di farla resuscitare". Si riferiva ai suoi discepoli, che lui aveva indirizzato così bene verso il difficile mestiere di "puparo". Quei pupi amorevolmente custoditi furono portati di nuovo alla luce dei loro antico splendore, pronti a continuare il cammino interrotto maldestramente dal cosiddetto "modernismo". Si formò una Compagnia che fu denominata "Il Paladino" la quale ebbe l'onore di avere quale "Tutore" il proprio Don Salvatore Laudani, che rivisse con essa gli ultimi palpiti di una vita dedita ai pupi, per poi lasciarti per sempre.
La Compagnia che opera con autonomia propria, nel rigore di una ferrea tradizione è fornita di teatro smontabile, di scene e di pupi di indicibile bellezza. La Compagnia è formata dal direttore e capocomico Salvatore Mangano, che ha ereditato l'arte dei pupi da Salvatore Laudani e inoltre è stato allievo del grande "parlatore" Biagio Sgroi che ha operato presso tutti i teatri catanesi. prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale; Da Biagio Foti, nipote del puparo Salvatore Laudani, dal quale ha appreso l'arte dell'animazione e della costruzione dei pupi. A lui si deve la costruzione del teatro delle scene, dei fondali e del pupi; Dai parlatori Nuccio Mangano e Pina Tedesco; Dagli animatori (manianti) Mario Isaia, colonna dell'animazione (tutti i pupi catanesi sono passati dalle sue mani da più di sessantanni a questo parte); Santo Saia, proveniente dal Teatro dei Laudani; Fabrizio Mangano e Orazio Foti; Dai Tecnici di suono e luci: Alessandro e Salvo Mangiagli.
Il repertorio si avvale di antichi canovacci tramandati da varie generazioni di pupari che comprendono: La storia di Orlando e dei Paladini, L'Erminio della stella d'oro, Uzeda Catanese, Storia dei Crociati, Storia Greca, Vita dei Santi con la "Nascita del Bambin Gesù" ed altre storie. La compagnia ha effettuato ed effettua spettacoli in tutta la Sicilia e oltre lo stretto in occasione di sagre e manifestazioni, riscuotendo sempre un lusinghiero successo.
Michele Milazzo